Buoni propositi per il 2018: non mentire sul proprio curriculum vitae

Perché mentire sul proprio curriculum vitae non è una buona idea per il 2018?

  • l’85% dei datori di lavoro ha scovato bugie nel curriculum vitae dei candidati
  • Il 14% degli italiani riconosce di esagerare sulle proprie abilità o competenze in un colloquio di lavoro
  • l’inglese è la lingua più richiesta in ambito lavorativo per il 76% degli italiani
  • il 39% degli italiani ha dichiarato che il proprio livello di inglese è stato valutato in sede di colloquio
  • il 54% dei giovani intervistati di età compresa tra i 20 e i 45 anni ha dichiarato di aver perso un’opportunità lavorativa (nuovo impiego o promozione) a causa della scarsa conoscenza della lingua.

Con l’arrivo del 2018, sono molti gli italiani che sperano di trovare lavoro o cambiare quello attuale nell’anno nuovo. Difatti, il desiderio era al sesto posto nella top ten delle buone intenzioni per il 2017 secondo l’analisi dei trending topics su Twitter condotta alla fine dello scorso anno.

Secondo il recente sondaggio Employment Screening Benchmark Report, l’85% dei datori di lavoro ha scovato bugie nel curriculum vitae dei candidati. Il dato è cresciuto di quasi 20 punti percentuali negli ultimi 5 anni, nonostante millantare abilità mai possedute comporti rischi elevati, anche a livello legale. Per questa ragione, l’accademia di inglese online ABA English spiega perché mentire sul proprio CV non è una buona idea per il 2018.

Basta una bugia per farti arrossire

Il 14% degli italiani riconosce di esagerare sulle proprie abilità o competenze in un colloquio di lavoro, secondo uno studio recente di ABA English; inoltre, un quarto dei candidati ha ammesso di aver mentito intenzionalmente sul proprio CV, come riporta uno studio di CareerBuilder.

Ma su quali aspetti si mente di più? Al primo posto troviamo le abilità (62%); seguono le responsabilità (54%), la durata dell’impiego (39%), gli incarichi lavorativi (31%) e i titoli di studio (28%).

Alcuni candidati mentono in grande stile: c’è chi vanta un premio Nobel, chi si è laureato in università mai esistite e chi ha sostenuto di aver lavorato in un carcere quando vi era in realtà detenuto.

Oltre la metà dei giovani perdono opportunità di lavoro a causa dell’inglese

In Italia, mentire sulle proprie competenze linguistiche, soprattutto in inglese, è quanto mai diffuso. Non c’è da stupirsi, dal momento che l’inglese è la lingua più richiesta in ambito lavorativo per il 76% degli italiani, come attesta un altro studio di ABA English. Inoltre, il 54% dei giovani intervistati di età compresa tra i 20 e i 45 anni ha dichiarato di aver perso un’opportunità lavorativa (nuovo impiego o promozione) a causa della scarsa conoscenza della lingua.

“Le principali agenzie di recruiting europee cercano candidati che parlino bene inglese, soprattutto nel campo delle nuove professioni digitali”, spiega Mará Franquesa, direttrice delle Risorse Umane di ABA English. “Questo vale sia per i colletti bianchi, per i quali è richiesta una buona conoscenza nell’80% dei casi, sia per responsabili o manager, per i quali la percentuale sfiora il 90%”.

L’inglese, fattore chiave nei colloqui di lavoro

Spesso le bugie nel curriculum hanno le gambe corte. Per esempio, il 39% degli italiani ha dichiarato che il proprio livello di inglese è stato valutato in sede di colloquio, secondo gli ultimi dati ABA English. Esistono anche software creati appositamente per individuare incongruenze nei curricula dei candidati, e non è raro che si contattino i precedenti datori di lavoro per verificare la veridicità di alcune informazioni.

Certificazione delle competenze linguistiche di un candidato

In molti casi si esagera la conoscenza di una lingua perché il livello è visto come un dato soggettivo. Per esempio, cosa significa in concreto avere una “buona conoscenza dell’inglese”? Per le aziende e i recruiters, esiste un modo quanto mai semplice di averne prova, attraverso le certificazioni rilasciate da enti autorevoli quali il Cambridge English Language Assessment, che attestano in modo oggettivo, misurabile e ufficiale la conoscenza dell’inglese di chi cerca lavoro.

È possibile anche certificare le competenze linguistiche necessarie in settori specifici. Per esempio, il BULATS (Business Language Testing Service) di Cambridge English attesta il livello di inglese per l’ambito lavorativo. A questo riguardo, dal 2016 ABA English è la prima accademia completamente digitale autorizzata a rilasciare certificazioni ufficiali di Cambridge English, e centinaia di studenti in tutto il mondo aggiungono il certificato ABA English sul proprio profilo LinkedIn come prova del loro livello d’inglese.

Crescita personale del candidato

Spesso i candidati sono spinti a mentire nel CV dalla convinzione che il datore di lavoro cerchi persone con superpoteri e anni di esperienza. In realtà, in molti casi le aziende sono più interessate alle potenzialità di crescita personale di un candidato che alle competenze già acquisite. È quindi importante che il proprio curriculum vitae metta in risalto la volontà di crescere e imparare. Per esempio, aver seguito corsi di perfezionamento linguistico o aggiornamento in ambito tecnologico dimostra il desiderio di apprendimento e crescita professionale di chi è alla ricerca di lavoro.

Per maggiori informazioni potete visitare il sito internet www.abaenglish.com o su mobile: AppStore o GooglePlay.

Andrea PaolaTopLifeStyleCorso di Inglese,Curriculum vitae,Lavoro,Sondaggio
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