I Campi Flegrei, una vasta caldera situata a ovest di Napoli, rappresentano un laboratorio naturale di fenomeni vulcanici e sismici di grande interesse scientifico. Recentemente, uno studio condotto dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV Terremoti) in collaborazione con l’Università della Campania Luigi Vanvitelli ha approfondito le dinamiche sismiche all’interno di questa area. Pubblicato sulla rivista scientifica “Communications Earth & Environment” di Nature, il lavoro si concentra sull’analisi del “b-value” per comprendere meglio la distribuzione e la magnitudo dei terremoti.
La caldera dei Campi Flegrei è caratterizzata da un fenomeno noto come “bradisismo“, un sollevamento e abbassamento del suolo che avviene lentamente nel tempo. Questo movimento è accompagnato da terremoti, il cui studio è fondamentale per valutare potenziali rischi sismici. Secondo Anna Tramelli dell’INGV, l’obiettivo principale della ricerca è stato comprendere come le caratteristiche della crosta terrestre, lo stress subito e la temperatura influenzino la relazione tra numero e magnitudo dei terremoti, nota come relazione di Gutenberg-Richter.
Il parametro chiave analizzato nello studio è il “b-value“, che riflette il rapporto tra il numero di terremoti di bassa e alta magnitudo. Ad esempio, un b-value di 1 indica che per ogni terremoto di magnitudo 4 ci si aspetta di osservare circa 10 terremoti di magnitudo 3. Questo valore può variare significativamente in diverse zone della caldera, influenzato dalla fratturazione delle rocce e dalla presenza di fluidi idrotermali, come sottolineato da Vincenzo Convertito, coautore dello studio.
Utilizzando dati sismici raccolti durante un periodo di 18 anni, il team ha individuato variazioni significative nel b-value all’interno della caldera dei Campi Flegrei. In particolare, nelle aree come Solfatara e Pisciarelli, la fratturazione delle rocce e la presenza di fluidi sembrano favorire il verificarsi di terremoti di bassa magnitudo (fino a Md=3), rispetto a quelli di maggiore magnitudo (fino a Md=4.4), entro una profondità di circa 2 km. Al di sotto di questa profondità, i rapporti tra magnitudo dei terremoti seguono un pattern più uniforme, simile a quello osservato globalmente.
La scoperta di tali variazioni è cruciale per migliorare il monitoraggio sismico e comprendere meglio le dinamiche vulcaniche nella regione dei Campi Flegrei. Secondo Anna Tramelli, il monitoraggio automatizzato delle variazioni del b-value potrebbe rappresentare un passo significativo verso una previsione più accurata dei cambiamenti nella dinamica della crosta terrestre, nonché per l’adozione di misure preventive in tempo reale.
Nonostante l’importanza scientifica della ricerca, al momento non sono emerse implicazioni dirette per le misure di protezione civile. Tuttavia, i risultati dello studio offrono una base solida per lo sviluppo di strumenti predittivi e precauzionali più sofisticati, utili nel gestire eventuali emergenze vulcaniche e sismiche nella regione. Il team di ricerca è determinato a continuare a migliorare le tecniche di monitoraggio sismico, con l’obiettivo di estendere l’applicazione del loro metodo ad altre aree vulcaniche e geologiche, contribuendo così alla sicurezza e alla preparazione delle comunità esposte a rischi naturali.
Lo studio sui Campi Flegrei rappresenta un esempio di come la ricerca scientifica possa fornire insight cruciali per la gestione dei rischi naturali, non solo a livello locale ma anche globale. L’approfondimento della comprensione delle interazioni tra fenomeni sismici e geologici in queste aree sensibili è essenziale per una gestione del territorio più consapevole e preparata.
Nella foto di copertina: La distribuzione della sismicità è stata registrata ai Campi Flegrei da gennaio 2005 a ottobre 2023 [INGV Terremoti].
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