Scatta la rivalutazione pensioni: aumenti in arrivo per milioni di italiani

Pensioni, rivalutazione 2026: possibili aumenti in arrivo, a beneficiarne possono essere davvero in tantissimi.
La rivalutazione delle pensioni dall’inflazione prevista per il 2026 rappresenta un tema di grande rilievo per milioni di pensionati italiani e per le finanze pubbliche del Paese. Tra le questioni più dibattute vi è l’impatto economico di questa misura, che potrebbe tradursi in un costo per le casse dello Stato attorno ai 5 miliardi di euro, con conseguenze dirette sugli assegni pensionistici e sulle modalità di rivalutazione adottate dal governo.
Rivalutazione delle pensioni: quanto costerà realmente allo Stato?
Secondo le ultime stime, l’adeguamento delle pensioni all’inflazione, che si attesta attualmente all’1,7%, potrebbe incidere per circa 5 miliardi di euro sul bilancio pubblico nel 2026. Se l’incremento venisse applicato in modo uniforme a tutte le pensioni, la spesa complessiva supererebbe i 6 miliardi. Tuttavia, il sistema vigente prevede una rivalutazione differenziata in base all’importo dell’assegno pensionistico, con percentuali decrescenti per le fasce più alte.
Per il 2026, la spesa pensionistica complessiva, che include anche le prestazioni assistenziali, è prevista a un livello record di circa 355 miliardi di euro. Questa cifra riflette l’importanza e la complessità del sistema previdenziale italiano, che deve bilanciare la tutela dei diritti dei pensionati con la sostenibilità finanziaria dello Stato.

Il meccanismo di rivalutazione delle pensioni, basato sull’inflazione, prevede attualmente:
- Pensioni fino a quattro volte il minimo INPS (circa 2.466 € lordi mensili): rivalutazione piena al 100%.
- Pensioni tra quattro e cinque volte il minimo (da 2.413 a 3.017 € lordi mensili): rivalutazione al 90% dell’inflazione, che con i dati attuali corrisponde a circa l’1,53%.
- Pensioni oltre cinque volte il minimo (oltre 3.017 € mensili): rivalutazione al 75% del tasso inflazionistico, pari a circa l’1,27%.
In termini pratici, questo si traduce in aumenti mensili stimati, ad esempio, di circa 10,50 € per la pensione minima (616,67 € con maggiorazione), 23 € per un assegno di 1.400 €, fino a 63 € per chi percepisce intorno a 5.000 € mensili.
Va sottolineato che per le pensioni di importo medio, l’aumento reale netto potrebbe aggirarsi intorno allo 0,8%, a causa della rivalutazione parziale e delle dinamiche fiscali.
La questione della legittimità costituzionale e il ruolo della Consulta
Un elemento di forte attenzione riguarda la validità costituzionale del meccanismo di perequazione automatica adottato nelle Leggi di Bilancio 2023 e 2024. Il tribunale di Trento ha sollevato dubbi sulla legittimità di un sistema che applica la riduzione delle rivalutazioni sull’intero importo della pensione e non a scaglioni differenziati.
La Corte costituzionale, con sede a Roma presso il Palazzo della Consulta, è attualmente chiamata a pronunciarsi su questo tema, che potrebbe comportare modifiche sostanziali nel calcolo degli aumenti per il 2026. Una decisione favorevole potrebbe aprire la strada a una rivalutazione più equa e progressiva, soprattutto per gli assegni pensionistici più elevati.
Impatti dell’inflazione e della speranza di vita sulle pensioni
I dati Istat aggiornati al 2025 indicano un’inflazione NIC annua al +1,7% e una speranza di vita dopo i 65 anni salita a 21,2 anni. Questi indicatori influenzano non solo la rivalutazione degli assegni, ma anche i requisiti per l’accesso alla pensione.
In particolare, dal 1° gennaio 2027 scatterà un innalzamento automatico delle soglie pensionistiche:
- Età per la pensione di vecchiaia da 67 anni a 67 anni e 3 mesi.
- Anni di contributi per la pensione anticipata aumentati a 43 anni e 1 mese per gli uomini, e 42 anni e 1 mese per le donne.
Questi adeguamenti, salvo eventuali interventi normativi, sono funzionali a garantire la sostenibilità del sistema previdenziale in relazione all’incremento della longevità della popolazione.
Il governo ha predisposto un piano strategico che non si limita alla rivalutazione degli assegni, ma include riforme di lungo termine volte a rendere il sistema pensionistico più sostenibile ed equo. Tra le misure previste vi sono l’incremento della partecipazione al mercato del lavoro e il rafforzamento della previdenza complementare.
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