Scienza

Satelliti costruiti nello spazio: DARPA sperimenta nuove tecnologie

Costruire satelliti direttamente nello spazio: DARPA punta su stampa 3D e crescita biologica orbitale

La nuova frontiera dell’ingegneria spaziale potrebbe essere quella di costruire i satelliti direttamente nello spazio, superando i limiti imposti dalla gravità terrestre e dai costi di lancio. L’Agenzia per i Progetti di Ricerca Avanzata della Difesa del Pentagono (DARPA) sta collaborando con università e aziende del settore per sviluppare tecnologie di stampa 3D in orbita e addirittura di crescita biologica nello spazio, aprendo la strada a un futuro dove le strutture spaziali non vengono più lanciate, ma “coltivate” direttamente in orbita.

La sfida della gravità e dei costi di lancio

Ogni satellite lanciato dalla Terra deve affrontare l’intensa attrazione gravitazionale terrestre e le condizioni estreme del decollo. Queste limitazioni comportano l’uso di materiali resistenti ma leggeri e pongono forti vincoli a dimensioni e peso, elementi che influenzano direttamente i costi di lancio.

Più un satellite è grande o pesante, maggiore sarà il costo del lancio. Per questo motivo, progettisti e ingegneri sono costretti a scendere a compromessi tra funzionalità e limiti fisici dettati dai razzi.

Il programma NOM4D di DARPA: costruire nello spazio per superare i limiti terrestri

Nel 2022, DARPA ha lanciato il programma NOM4D (Novel Orbital and Moon Manufacturing, Materials, and Mass-efficient Design) con un obiettivo ambizioso: inviare materiali grezzi nello spazio per costruire e assemblare strutture direttamente in orbita, senza la necessità di completare l’intera costruzione sulla Terra.

Questo approccio consentirebbe di realizzare strutture spaziali molto più grandi, leggere ed efficienti, superando i vincoli imposti dalle capacità di carico dei veicoli spaziali. Il vantaggio principale è poter progettare strutture con geometrie complesse e dimensioni superiori, impossibili da lanciare in un unico pezzo.

Collaborazioni accademiche e test in orbita

DARPA sta lavorando con prestigiosi istituti come il California Institute of Technology (Caltech) e la University of Illinois Urbana-Champaign, che hanno già raggiunto risultati significativi nelle prime due fasi del progetto.

Attualmente nella fase tre, il programma NOM4D si concentra sui test in ambiente spaziale reale. Una delle sperimentazioni più attese coinvolge un robot autonomo progettato da Caltech, che assemblerà in orbita una struttura circolare di 1,4 metri di diametro realizzata con tubi di fibra composita ultraleggera, simulando un’antenna. Il processo sarà completamente automatizzato e monitorato da telecamere a bordo in tempo reale.

Verso antenne spaziali giganti e strutture autoassemblanti

Se la tecnologia dimostrerà la propria efficacia, potrà essere scalata per costruire antenne spaziali di oltre 100 metri di diametro. Queste megastrutture potrebbero rivoluzionare le telecomunicazioni satellitari, l’osservazione della Terra e l’intero settore delle infrastrutture spaziali commerciali.

L’obiettivo a lungo termine è realizzare sistemi autonomi di costruzione spaziale, capaci di operare senza intervento umano diretto, aprendo la strada alla creazione di infrastrutture orbitanti più grandi, economiche e versatili.

Il futuro oltre la tecnologia: coltivare strutture biologiche nello spazio

DARPA, tuttavia, guarda ancora più lontano. L’agenzia ha recentemente lanciato una call for proposals per esplorare una possibilità futuristica ma sempre più concreta: la crescita di strutture biologiche nello spazio. Si tratta di organismi viventi capaci di aumentare di dimensioni, sviluppare strutture e autoripararsi in ambienti extraterrestri.

Grazie ai progressi in ingegneria metabolica, allo studio di organismi estremofili e allo sviluppo di materiali avanzati come gli idrogel adattivi, diventa ipotizzabile “coltivare” elementi strutturali nello spazio.

Nuove possibilità di costruzione orbitale grazie alla biofabbricazione

Questa rivoluzione bioingegneristica potrebbe permettere la realizzazione di componenti impossibili da fabbricare con metodi convenzionali. Tra le ipotesi allo studio ci sono:

  • Cavi per ascensori spaziali;
  • Reti per la cattura di detriti orbitali;
  • Moduli espandibili per stazioni spaziali commerciali;
  • Strutture flessibili e adattabili per ambienti ostili.

In sostanza, la Biofabbricazione Spaziale potrebbe portare allo sviluppo di nuove tecniche costruttive in grado di sfruttare le condizioni uniche dell’ambiente orbitale.

Il futuro dell’ingegneria spaziale è già in costruzione

L’idea di costruire strutture nello spazio – tramite robot autonomi o crescita biologica – non è più fantascienza. Grazie a progetti come NOM4D e al lavoro pionieristico di DARPA, stiamo entrando in una nuova era della tecnologia spaziale, in cui i limiti terrestri vengono superati da soluzioni intelligenti e innovative.

Le implicazioni sono enormi, sia per le missioni scientifiche e commerciali che per l’espansione della presenza umana nello spazio. La stampa 3D in orbita e la biofabbricazione spaziale sono i due pilastri su cui potrebbe poggiare la prossima rivoluzione industriale, questa volta… fuori dalla Terra.

Andrea Tosi

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