La salute del cervello è un tema di crescente interesse nella ricerca scientifica, in particolare per quanto riguarda il suo legame con le malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer. Recenti studi hanno messo in luce il ruolo di una molecola lipidica chiamata BMP (bis-monoacilglicerolo fosfato), che non solo è fondamentale per la salute cerebrale, ma agisce anche come un “spazzino” di altre molecole lipidiche, pur essendo essa stessa un lipide.
Negli ultimi cinquant’anni, gli scienziati hanno cercato di comprendere perché le molecole di BMP non vengano eliminate insieme ad altri lipidi. Un team di ricercatori guidato dal biologo cellulare Shubham Singh dell’Istituto Sloan Kettering di New York ha recentemente fatto luce su questo mistero. I ricercatori hanno scoperto che le abilità di BMP di eludere la degradazione sono legate alla sua struttura resistente, formata da una coppia di molecole.
Questi risultati offrono anche spiegazioni su come livelli anomali di BMP siano collegati a un rischio maggiore di demenza, inclusa l’Alzheimer. I pazienti affetti da demenza frontotemporale presentano livelli particolarmente bassi di BMP, il che consente l’accumulo di lipidi zuccherini noti come gangliosidi. Quando i livelli di questi gangliosidi sono elevati, possono risultare tossici, dando origine a una condizione chiamata gangliosidosi, che danneggia i neuroni nel cervello e nel midollo spinale.
In laboratorio, trattare cellule affette da gangliosidosi con BMP ha dimostrato di favorirne la ripresa. Con oltre 10 milioni di casi di demenza diagnosticati ogni anno in tutto il mondo, la comprensione delle vie biologiche responsabili del declino cognitivo diventa sempre più cruciale per gestire meglio queste condizioni, che attualmente non hanno cura.
Un aspetto affascinante di BMP è la sua configurazione chirale. Le molecole, proprio come le mani, possono avere configurazioni destre (R) o sinistre (S). Il BMP è un lipide “sinistro” in un mondo di grassi “destri”. Singh spiega che la biochimica dei lipidi inizia da una molecola chiamata glicerolo 3-fosfato, che è di configurazione R. La domanda che ci si pone è: “A quale passo si converte R in S, trasformando il glicerolo in BMP?”
Test di laboratorio condotti su topi e cellule umane hanno rivelato che due enzimi, presenti in compartimenti cellulari chiamati lisosomi, sono responsabili della produzione di BMP. Questi due enzimi, denominati PLD3 e PLD4, conferiscono al lipide la sua peculiare configurazione chirale. Jeremy Baskin, biologo cellulare della Cornell University, che non ha partecipato allo studio, ha sottolineato che era stata proposta un’altra molecola come responsabile della produzione di BMP, ma si trattava di una configurazione errata.
I cambiamenti in uno di questi enzimi possono aumentare o diminuire i livelli di BMP nelle cellule. Singh e il suo team hanno scoperto che una forma mutata di PLD3, precedentemente associata alla malattia di Alzheimer, riduceva di oltre la metà la quantità di BMP prodotta. Questo suggerisce che la disfunzione dei lipidi cerebrali potrebbe giocare un ruolo significativo nella condizione.
La demenza è una condizione complessa che coinvolge un ampio spettro di vie biologiche, molte delle quali rimangono poco comprese. Tuttavia, ogni nuova scoperta sul funzionamento tipico del cervello ci avvicina alla comprensione delle malattie che ne derivano.
Con il crescente numero di persone colpite da demenza, la ricerca sul BMP e le sue funzioni potrebbe rivelarsi cruciale. Comprendere i meccanismi attraverso cui BMP interagisce con altri lipidi e con i neuroni potrebbe aprire la strada a nuove strategie terapeutiche.
Le scoperte recenti sulla molecola BMP non solo ampliano la nostra comprensione dei lipidi cerebrali, ma potrebbero anche offrire spunti per nuove terapie contro le malattie neurodegenerative. La ricerca continua a esplorare come queste molecole interagiscano nel cervello e come possano essere modificate per migliorare la salute cerebrale.
Con la speranza di un futuro in cui la demenza possa essere gestita e trattata in modo più efficace, il lavoro di Singh e dei suoi colleghi rappresenta un passo avanti significativo nella ricerca neuroscientifica. Comprendere le vie biologiche e le molecole coinvolte potrebbe essere la chiave per affrontare una delle sfide più gravi della medicina moderna.
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