A dicembre scatta il divieto dell’uso dei social: ecco a chi spetta questa misura e quali sono le condizioni e le conseguenze. 

A partire da dicembre, i minori di 16 anni in Australia non potranno più creare o mantenere account sui principali social network, tra cui Instagram, Facebook, TikTok e YouTube. Questa misura, prevista dall’Online Safety Amendment Act, segna un cambio di paradigma nella regolamentazione della presenza online dei giovani e rappresenta un modello cui stanno guardando molti altri Paesi.

Il divieto per gli under 16: protezione o limitazione?

L’intento alla base della nuova normativa è chiaro: tutelare la sicurezza e il benessere psicofisico dei minori da rischi legati all’uso incontrollato dei social media. Il governo australiano ha deciso di imporre sanzioni severissime, con ammende fino a 50 milioni di dollari australiani (circa 30 milioni di euro) per le aziende tecnologiche che non rispetteranno il divieto. Questa decisione risponde alle crescenti preoccupazioni riguardo a fenomeni come il cyberbullismo, la dipendenza digitale e l’esposizione precoce a contenuti inappropriati.

Il nodo più complesso è rappresentato dalle modalità di verifica dell’età degli utenti. Un rapporto governativo recente ha valutato diverse tecnologie, evidenziando che non esiste una soluzione perfetta o universale. La ministra delle Comunicazioni, Anika Wells, ha sottolineato che non si può applicare un metodo unico, ma sarà necessario un sistema a più livelli.

le condizioni del divieto dei social
LImitazione dell’uso dei social per gli adolescenti – postbreve.com

Tra le tecniche analizzate:

  • Verifica tramite documenti d’identità: il sistema più preciso, ma che solleva gravi dubbi sulla privacy. Il rischio è la raccolta eccessiva di dati sensibili, con possibili violazioni e conservazione non autorizzata.
  • Stima dell’età con riconoscimento facciale: basata su analisi biometrica, questa tecnologia può riconoscere l’età in meno di 40 secondi. Tuttavia, l’accuratezza cala drasticamente nell’intervallo critico tra i 14 e i 16 anni, con tassi di errore che superano il 70% per i 15enni. Inoltre, presenta problemi di discriminazione razziale e di genere, penalizzando soprattutto persone non caucasiche e donne.
  • Controllo parentale e consenso: strumenti utili, ma che potrebbero non adattarsi dinamicamente alle esigenze evolutive degli adolescenti.
  • Sistema a strati: combinare più metodi per aumentare l’efficacia e ridurre i rischi di errori.

Il rapporto ha inoltre messo in luce una preoccupazione etica riguardante alcuni strumenti di verifica che permetterebbero alle autorità di tracciare gli utenti, mettendo a rischio la privacy individuale su vasta scala.

Impatti sociali e dibattito pubblico

Il divieto ha innescato un acceso dibattito in Australia e non solo. Molti genitori vedono questa legge come un passo necessario per proteggere i propri figli da contenuti dannosi e da dinamiche sociali pericolose. Tuttavia, esperti di salute mentale temono che l’isolamento digitale possa spingere i giovani verso piattaforme meno sicure o favorire un senso di esclusione sociale.

In un articolo pubblicato su Nature, Helen Christensen e Andrew Mackinnon, rispettivamente professori di psichiatria e biostatistica presso l’University of New South Wales e il Black Dog Institute di Sydney, propongono approcci per valutare l’efficacia della legge. Suggeriscono di:

  • Monitorare i dati ufficiali su ricoveri per autolesionismo e suicidi adolescenziali, confrontando i periodi prima e dopo l’entrata in vigore della normativa.
  • Condurre sondaggi nazionali per raccogliere informazioni dettagliate su salute mentale, uso dei social media e attività sostitutive.
  • Sfruttare studi longitudinali già in corso in Australia e altri Paesi, per analizzare l’evoluzione della salute mentale in relazione all’uso digitale.

La ministra Wells ha ribadito che le aziende tecnologiche devono utilizzare i dati e le tecnologie a loro disposizione per garantire la protezione dei minori, senza eccezioni. Ha inoltre promesso un meccanismo rapido per consentire agli utenti erroneamente bloccati di fare ricorso, anche se permangono dubbi sulla rapidità e l’efficacia di tali procedure. Il mondo osserva con attenzione questa iniziativa, che rappresenta un passo coraggioso e complesso per bilanciare la protezione dei giovani con la salvaguardia della loro privacy e libertà digitale.

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