Alimenti processati e danni alla salute - postbreve.com
Alimenti ultra processati: i rischi e l’ impatto tanto negativo sulla salute pubblica. Cosa accade davvero nel corpo umano?
La questione degli alimenti ultra processati (UPF) continua a suscitare dibattiti accesi nel mondo scientifico e tra i consumatori, soprattutto dopo l’ampio approfondimento pubblicato recentemente dalla rivista Nature. Da oltre un decennio, la classificazione NOVA, ideata dall’epidemiologo brasiliano Carlos Monteiro dell’Università di San Paolo, ha rivoluzionato il modo di analizzare gli alimenti, suddividendoli in base al grado di trasformazione industriale. Tuttavia, rimangono numerosi dubbi e controversie sugli effetti reali di questi prodotti sulla salute umana.
La classificazione NOVA distingue quattro gruppi di alimenti in base al loro livello di lavorazione, ponendo al vertice gli alimenti ultra processati, caratterizzati da formulazioni industriali con molteplici ingredienti, additivi e una forte manipolazione chimica e fisica. Il problema che molti esperti sottolineano è la genericità di questa definizione: nella stessa categoria rientrano prodotti molto diversi tra loro, come il pane integrale industriale, gli yogurt aromatizzati e i piatti pronti surgelati.
La trasformazione degli alimenti è un fenomeno con radici antiche: tecniche come la fermentazione, la salatura o l’affumicatura risalgono a millenni fa e hanno contribuito all’allungamento della vita media preservando i cibi da contaminazioni. Solo a partire dagli anni Cinquanta, con l’avvento del processamento industriale su larga scala, si è assistito a un aumento esponenziale degli alimenti ultra processati, parallelamente a un peggioramento di alcune condizioni di salute nella popolazione.
Numerosi studi epidemiologici, inclusi lavori su ampi campioni di popolazione come quello statunitense con oltre 110.000 partecipanti seguito per trent’anni, hanno evidenziato un aumento del rischio di mortalità generale correlato al consumo elevato di alimenti ultra processati, con un incremento stimato del 4%.
Una metanalisi condotta da Samuel Dicken dello University College di Londra ha confermato come anche valutando la qualità nutrizionale, il consumo di ultra processati rimanga associato a rischi più elevati. Nel suo studio controllato, Dicken ha fatto seguire a persone con obesità due diete con pari valore nutrizionale ma differente contenuto di ultra processati: chi consumava meno ultra processati ha perso il doppio del peso rispetto all’altro gruppo, dimostrando che la lavorazione industriale incide su meccanismi specifici indipendenti dal solo apporto calorico o nutritivo.
Studi sperimentali condotti presso i National Institutes of Health statunitensi, guidati dallo psicologo clinico Kevin Hall, hanno indagato i meccanismi alla base del maggior consumo di calorie associato agli alimenti ultra processati. In condizioni controllate, i volontari che consumavano diete ricche di ultra processati assumevano mediamente 500 calorie in più al giorno e guadagnavano quasi un chilo in due settimane, mentre recuperavano il peso perso una volta tornati a una dieta basata su alimenti minimamente processati.
Questi risultati sono stati attribuiti a caratteristiche peculiari degli ultra processati: l’iperpalatabilità e l’alta densità energetica. L’iperpalatabilità, cioè l’elevata appetibilità gustativa ottenuta combinando zuccheri, sale, grassi e additivi, stimola i circuiti cerebrali della ricompensa, favorendo il consumo eccessivo. La densità calorica, ovvero la concentrazione di calorie in un volume ridotto di alimento, induce a mangiare più velocemente e in quantità maggiori. Ulteriori ricerche hanno evidenziato come la densità energetica sia più determinante dell’iperpalatabilità nel promuovere l’eccesso di consumo.
Gli alimenti ultra processati sono spesso poveri di fibre, nutrienti essenziali per la salute intestinale e la regolazione del metabolismo degli zuccheri. La loro rapida digestione porta a risposte glicemiche e insuliniche alterate, che possono contribuire allo sviluppo di patologie metaboliche come il diabete di tipo 2.
Inoltre, la presenza di additivi, emulsionanti e sostanze generate durante la lavorazione o il riscaldamento (come nitrosamine e acrilamide) può avere effetti infiammatori e potenzialmente cancerogeni, anche se molte di queste ipotesi richiedono ulteriori approfondimenti.
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