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Se tuo marito prende questa pensione, tu rischi di perderne una parte: attenzione alla legge

La moglie rischia di perdere una parte della pensione del marito: ecco cosa succede e qual è il motivo. I dettagli della situazione.

Nel complesso panorama previdenziale italiano, le pensioni di marito e moglie possono intrecciarsi in modi tali da generare effetti penalizzanti per uno dei coniugi. Le regole vigenti, spesso rigide e articolate, possono infatti condurre a situazioni in cui la pensione percepita da uno dei due partner limita o addirittura impedisce la maturazione del diritto a un trattamento pensionistico per l’altro.

Pensioni di marito e moglie: il paradosso dei requisiti contributivi

Un caso emblematico è quello di Serena, ex lavoratrice autonoma, che ha raccontato la sua esperienza. Dopo aver dedicato molti anni alla famiglia e alla gestione di un’attività commerciale, Serena ha raggiunto i 67 anni con circa 16 anni di contributi versati. Nonostante ciò, non può accedere alla pensione ordinaria, perché non ha raggiunto i 20 anni minimi richiesti dalla normativa previdenziale italiana. A ciò si aggiunge il fatto che, a causa della pensione del marito e dei redditi complessivi familiari, non le spetta nemmeno l’Assegno Sociale, una prestazione assistenziale riservata agli anziani con redditi bassi.

Pensione e reddito del coniuge – postbreve.com

La normativa attuale prevede che la pensione di vecchiaia ordinaria richieda almeno 20 anni di contributi; chi non raggiunge questo requisito a 67 anni non può ritirarsi dal lavoro con un trattamento pensionistico. L’Assegno Sociale, pur non richiedendo contributi, è vincolato ai redditi familiari: nel 2025 la soglia è fissata al doppio dell’importo mensile, pari a 538,69 euro. Se i redditi superano questo limite, la prestazione viene negata. Così, molte donne che non hanno maturato il minimo contributivo e vivono in nuclei familiari con redditi medio-alti si trovano senza alcun sostegno previdenziale o assistenziale.

Non sono rari i casi in cui la pensione percepita da uno dei coniugi incide negativamente sui benefici dell’altro. Questo può tradursi in una diminuzione o esclusione di integrazioni al minimo o maggiorazioni sociali per pensioni particolarmente basse, in relazione al reddito complessivo familiare. Ne deriva che molte donne, spesso con pensioni già modeste, percepiscono importi minimi senza alcuna integrazione, aggravando così situazioni di fragilità economica.

Un tentativo di superare queste difficoltà si manifesta con la possibilità di andare in pensione a 71 anni con la pensione di vecchiaia contributiva, che richiede solo 5 anni di contributi versati dopo il 1996, indipendentemente dai redditi familiari. Tuttavia, questa opportunità è preclusa a chi, come Serena, ha iniziato a versare contributi prima del 1996, anche solo per un anno, escludendolo dalla normativa più favorevole.

Le regole del sistema previdenziale italiano e le difficoltà delle coppie

L’esperienza di Serena evidenzia le criticità del sistema previdenziale italiano, ritenuto da molti da riformare per evitare situazioni di ingiustizia e di esclusione sociale. Il problema di fondo è rappresentato dalla rigidità dei requisiti contributivi e dalle condizioni legate ai redditi familiari, che penalizzano soprattutto le donne con carriere lavorative discontinue o ridotte, spesso dovute a responsabilità familiari.

Questa situazione si inserisce in un contesto sociale in cui la pensione di un coniuge può pesare significativamente sulla posizione pensionistica dell’altro, creando disparità e incertezze. Per molte coppie, soprattutto quelle con redditi familiari medio-alti e contributi parziali, la prospettiva di una pensione dignitosa rimane irraggiungibile, con il rischio di una povertà silenziosa che il sistema attuale fatica a contrastare.

Romana Cordova

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