La disuguaglianza di genere non si esaurisce con l’uscita delle donne dal mercato del lavoro. Anzi, si riflette anche nella loro situazione pensionistica, con evidenti differenze rispetto agli uomini. Secondo il Rapporto annuale dell’Inps 2025, le donne vanno in pensione in media con 1 anno e mezzo di ritardo rispetto agli uomini e ricevono un assegno pensionistico medio inferiore del 34% rispetto ai colleghi maschi.
Nel 2024, i pensionati maschi hanno ricevuto una pensione media mensile di 2.142,60 euro, superiore di ben 34% rispetto alla cifra media delle donne pensionate, pari a 1.594,82 euro. Questi dati sono stati confermati nel Rapporto Inps 2025, che fornisce un quadro preciso della situazione attuale in Italia.
Secondo il documento, al 31 dicembre 2024, in Italia i pensionati erano circa 16,3 milioni, suddivisi tra 7,9 milioni di uomini e 8,4 milioni di donne. Nonostante le donne rappresentino il 51% dei pensionati, esse percepiscono solo il 44% del reddito pensionistico complessivo. L’importo totale delle pensioni erogate ammonta a 364 miliardi di euro, di cui 161 miliardi destinati alle donne e 204 miliardi agli uomini.
Nel complesso, il reddito medio lordo mensile delle pensioni è cresciuto del 4,4% rispetto all’anno precedente, segnando una lieve ma costante evoluzione del sistema pensionistico.
Un altro aspetto rilevante riguarda l’età media di pensionamento. Tra il 1995 e il 2024, l’età di uscita effettiva dal lavoro è aumentata mediamente di 7 anni, passando da 57,8 anni a 64,8 anni. Tuttavia, l’età media di pensionamento delle donne è cresciuta più rapidamente rispetto a quella degli uomini, principalmente a causa delle riforme introdotte con la legge Fornero.
A partire dal 2012, infatti, è stato introdotto l’adeguamento dell’età di pensionamento delle donne a quella degli uomini, prima nel settore pubblico e successivamente anche nel settore privato. Questo ha causato un allungamento dell’età pensionabile per le donne, facendo sì che nel 2020 l’età media di pensionamento delle donne abbia superato quella degli uomini. Nel 2024, la differenza tra le due età è arrivata a 1 anno e 5 mesi, con gli uomini che si sono ritirati dal lavoro in media prima dei 64 anni e le donne dopo i 65 anni.
Le cause di questa disparità sono legate, in gran parte, alle modalità di pensionamento. Gli uomini tendono a fare maggiormente ricorso al pensionamento anticipato, sfruttando le opportunità di uscita dal lavoro prima dell’età di vecchiaia. Le donne, invece, escono dal lavoro principalmente all’età di vecchiaia, oppure beneficiano di pensioni di reversibilità in caso di decesso del coniuge.
Le differenze di genere nel sistema pensionistico italiano restano una sfida rilevante, con le donne che continuano a subire un trattamento economico meno favorevole rispetto agli uomini, sia in termini di importo delle pensioni che di tempi di uscita dal mondo del lavoro. È fondamentale che si pongano in essere misure adeguate per ridurre queste disuguaglianze, promuovendo un sistema più equo e inclusivo per tutti i cittadini, indipendentemente dal genere.
In conclusione, la disparità di genere nelle pensioni è un fenomeno complesso, che non si limita alla differenza negli importi delle pensioni, ma include anche la questione dell’età di pensionamento. L’adeguamento delle politiche pensionistiche potrebbe rappresentare una chiave per ridurre queste disuguaglianze, anche in vista delle future generazioni di lavoratori.
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