Secondo un nuovo studio pubblicato su Communications Earth & Environment, anche nel caso in cui il mondo riuscisse a limitare l’aumento delle temperature globali a 1,5 gradi Celsius – l’obiettivo più ambizioso previsto dall’Accordo di Parigi sul clima – l’innalzamento del livello del mare continuerà a intensificarsi, diventando sempre più difficile da gestire per le popolazioni costiere.
I ricercatori avvertono che, nella seconda metà del XXI secolo e oltre, l’aumento del livello degli oceani metterà a dura prova la capacità di adattamento delle società umane. A lanciare l’allarme è il professor Chris Stokes dell’Università di Durham (Regno Unito), autore principale dello studio.
“Limitare il riscaldamento globale a 1,5°C sarebbe un grande successo”, ha dichiarato Stokes, “ma anche in questo scenario ottimistico, l’innalzamento dei mari è destinato ad accelerare fino a livelli difficili da contenere.”
Negli ultimi trent’anni, il tasso di innalzamento degli oceani è raddoppiato, e secondo le tendenze attuali potrebbe raddoppiare nuovamente entro il 2100, raggiungendo circa un centimetro all’anno. Questo incremento, anche se apparentemente modesto, ha effetti devastanti nel lungo termine.
Senza adeguate infrastrutture di protezione costiera come le dighe, un aumento di soli 20 centimetri – previsto entro il 2050 – potrebbe causare danni da alluvione pari a circa 1 trilione di dollari ogni anno nelle 136 più grandi città costiere del mondo.
Secondo le stime, oltre 230 milioni di persone vivono su territori situati a meno di un metro sul livello del mare, mentre più di un miliardo di individui risiedono entro i 10 metri. L’aumento del mare mette quindi a rischio intere metropoli e comunità in tutto il globo, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, spesso privi delle risorse per adottare misure adeguate.
Il riscaldamento globale, causato principalmente dalle emissioni di gas serra, provoca lo scioglimento delle calotte glaciali e dei ghiacciai montani, nonché l’espansione termica degli oceani, che assorbono oltre il 90% del calore in eccesso prodotto dall’attività umana.
Negli ultimi vent’anni, la temperatura media della superficie terrestre è aumentata di circa 1,2°C rispetto ai livelli preindustriali, un cambiamento già sufficiente a generare un innalzamento marino di diversi metri nei prossimi secoli.
I ricercatori hanno analizzato studi recenti sul comportamento delle calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide occidentale. Le immagini satellitari rivelano che queste enormi masse di ghiaccio, capaci da sole di innalzare il livello del mare fino a 65 metri, stanno reagendo in modo molto più sensibile al cambiamento climatico di quanto si pensasse in passato.
Attualmente, la quantità di ghiaccio che si scioglie o si stacca ogni anno da queste regioni supera i 400 miliardi di tonnellate, un valore quadruplicato rispetto a trent’anni fa. Questo tasso ha ormai superato quello derivante dallo scioglimento dei ghiacciai montani.
Un concetto chiave nel dibattito scientifico è quello dei “tipping points“, ovvero soglie oltre le quali i cambiamenti climatici diventano irreversibili.
In passato si pensava che la calotta glaciale della Groenlandia fosse stabile fino a un riscaldamento di 3°C. Ora, la soglia critica è stata rivista a 1,5°C, lo stesso limite fissato dall’Accordo di Parigi. Questo significa che potremmo già aver superato il punto di non ritorno per alcune grandi masse di ghiaccio.
Per comprendere il futuro del livello del mare, i ricercatori hanno studiato tre epoche del passato con temperature e concentrazioni di CO2 atmosferica simili a quelle attuali.
Le proiezioni sul comportamento futuro delle calotte glaciali mostrano scenari allarmanti se le temperature non verranno contenute. Secondo Stokes, per rallentare significativamente l’innalzamento marino sarà necessario un obiettivo a lungo termine di riduzione della temperatura globale a +1°C o meno.
“Se vogliamo gestire l’innalzamento del livello del mare in modo sostenibile, dobbiamo raffreddare il pianeta rispetto ai livelli attuali”, ha spiegato il climatologo.
Lo studio conferma che, anche con azioni ambiziose per ridurre le emissioni di gas serra, l’innalzamento dei mari continuerà a rappresentare una minaccia concreta per milioni di persone e per le infrastrutture costiere. Serve una strategia globale a lungo termine, che combini mitigazione e adattamento, per evitare i peggiori scenari previsti dai climatologi.
Fonte: https://www.nature.com/articles/s43247-025-02299-w
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