Salute

Rischio Pandemia Influenza come quella Spagnola del 1918

Non passa anno che non si parli di nuove forme di influenza e l’aumento delle varietà, aggraverebbe il rischio di una vasta e letale pandemia, di dimensioni paragonabili a quelle della ‘spagnola‘ che nel 1918-19 uccise 50 milioni di persone. Ad evidenziarlo, una ricerca della School of Public Health dell’University of New South Wales a Sydney, che ha identificato 19 differenti forme di influenza emerse fra gli esseri umani nell’ultimo secolo, sette delle quali solo negli ultimi cinque anni.

La comparsa senza precedenti di nuove forme non si spiega con una migliore identificazione di casi, scrive sulla rivista Archives of Public Health la responsabile dello studio, l’epidemiologa Raina MacIntyre. “La domanda è perché?” si chiede. “Alcune spiegazioni sono fattori come il cambiamento climatico e il suo impatto sui patogeni e fenomeni come l’urbanizzazione, ma nessuno di questi fattori si è intensificato al tasso con cui sono emersi nuovi virus, quindi sono in gioco altri fattori”. All’influenza spagnola fece seguito un periodo di 40 anni durante i quali non emerse alcuna nuova forma di influenza, e dopo di allora un’altra pausa di 10 anni. Ma negli ultimi 15 anni ha preso piede la comparsa di nuove forme. “Questi virus si reinventano tutto il tempo”, osserva.

Le forme di influenza che si sono sviluppate in anni recenti sono trasmissibili solo da uccelli a umani e non tra persone, e i casi letali sono stati pochi. Tuttavia il gran numero di virus che circola fra gli uccelli in questi anni aggrava il rischio di mutazioni che li renderebbero trasmissibili fra umani.

“I rischi possono essere mitigati – raccomanda MacIntyre – dalla messa al bando della vendita di uccelli vivi in mercati umidi in Asia, riducendo così il contagio fra uccelli, e da controlli sul commercio di pollame vivo o macellato di fresco in mercati umidi, per impedire che il pubblico venga in contatto con liquidi corporei di pollame infetto”.

La studiosa fa appello a una più stretta collaborazione fra paesi, e direttamente fra le agenzie di prima risposta, in preparazione di una possibile pandemia. Una sorta di campanello d’allarme, insomma, secondo Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, che dovrebbe fare stare sul chi va là le autorità sanitarie ed impegnarle in più strette sinergie di caratura transnazionale, al fine di prevenire ed eventualmente stoppare sul nascere, in ogni parte del globo, ogni possibile focolaio di nuove forme influenzali.

Andrea Tosi

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