Sebbene attualmente non esista una cura per l’Alzheimer, una recente scoperta nel campo dei biomarcatori potrebbe rivoluzionare la diagnosi precoce della malattia. Il biomarcatore in questione è una molecola di microRNA denominata miR-519a-3p, il cui aumento potrebbe indicare la presenza di Alzheimer anche prima che compaiano i sintomi. Questo apre la possibilità di interventi terapeutici precoci e offre ai ricercatori l’opportunità di studiare più da vicino l’evoluzione della condizione.
Il team di ricerca dell’Istituto di Bioingegneria della Catalogna (IBEC) e dell’Università di Barcellona, in Spagna, ha condotto uno studio approfondito che ha rivelato un legame tra livelli elevati di miR-519a-3p e la presenza di Alzheimer. Questo microRNA, una piccola molecola di RNA non codificante, svolge un ruolo cruciale nella regolazione della produzione proteica nelle cellule.
Uno dei punti focali dello studio è stato il legame tra il miR-519a-3p e la proteina prionica cellulare (PrP C ), precedentemente associata alla fase iniziale dell’Alzheimer. I ricercatori hanno osservato che livelli più alti di miR-519a-3p sono presenti nei tessuti cerebrali nelle prime fasi della malattia, e ciò coincide con una diminuzione della produzione di PrP C. Questa scoperta suggerisce un potenziale meccanismo attraverso il quale il miR-519a-3p potrebbe essere coinvolto nello sviluppo dell’Alzheimer.
Sebbene non sia ancora una prova definitiva, il miR-519a-3p emerge come un potenziale biomarcatore per l’Alzheimer. La sua capacità di essere rilevato nei fluidi corporei lo rende un candidato promettente per la diagnosi precoce e il monitoraggio della progressione della malattia. Tuttavia, è essenziale condurre ulteriori ricerche per confermare la sua efficacia e specificità come indicatore precoce.
La ricerca sull’Alzheimer è in costante evoluzione, e biomarcatori come il miR-519a-3p rappresentano un importante passo avanti nella comprensione e nella gestione della malattia. Il prossimo obiettivo per i ricercatori è validare l’efficacia di questo biomarcatore su campioni di sangue di pazienti provenienti da diverse coorti, con l’obiettivo di integrarlo nella pratica clinica per una diagnosi più tempestiva e accurata dell’Alzheimer.
Questo studio, pubblicato su Biochimica et Biophysica Acta (BBA) – Molecular Basis of Disease, getta le basi per future ricerche volte a individuare nuovi approcci terapeutici e diagnostici per combattere questa devastante malattia neurodegenerativa.
Foto di copertina: È stato confrontato il tessuto di cervelli sani e di cervelli di Alzheimer. (Jácome et al., Biochimica et Biophysica Acta (BBA) – Basi molecolari della malattia , 2024).
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