Arrivare in ritardo al lavoro è una situazione che può capitare a chiunque, ma quando si tratta di ritardi ripetuti e non giustificati, le conseguenze possono essere gravi. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 28929 depositata l’11 novembre 2024, ha ribadito che un ritardatario cronico può essere licenziato, soprattutto se non giustifica le proprie assenze e ignora le direttive aziendali.
Il caso riguarda un impiegato che si presentava regolarmente in ritardo al lavoro e, in una circostanza, non aveva nemmeno giustificato una sua assenza. La Corte ha respinto il ricorso del lavoratore, confermando la decisione della Corte d’Appello di Napoli, che aveva ritenuto giustificato il licenziamento, applicando i principi giuridici relativi alla giusta causa e alla proporzionalità della sanzione disciplinare.
Secondo i giudici, l’impiegato si era “ripetutamente dimostrato inaffidabile” e “totalmente noncurante delle disposizioni ricevute”, non mostrando nemmeno rispetto per i provvedimenti disciplinari di natura conservativa, che sarebbero dovuti essere un avvertimento per correggere il proprio comportamento.
Questa ordinanza rappresenta un avvertimento per tutti i lavoratori dipendenti, specialmente in ambiti aziendali dove la puntualità è un requisito fondamentale. Anche se non esistono disposizioni contrattuali esplicite, il comportamento ripetutamente negligente in azienda, come nel caso di ritardi ingiustificati, può portare a conseguenze disciplinari serie, fino al licenziamento.
La decisione della Cassazione rafforza il principio che la puntualità non solo è un dovere, ma un aspetto essenziale per garantire il corretto funzionamento dell’organizzazione aziendale.
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