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Foto con V di vittoria? Possono rubare le tue impronte digitali

FURTO D’IDENTITÀ – Ricercatori giapponesi hanno dimostrato che è possibile, da una foto pubblicata su Internet, rubare le impronte digitali. Il simbolo della vittoria, la posa con due dita della mano, indice e medio, per rappresentare una “V” potrebbe compromettere la sicurezza dei vostri dati personali. Questo è ciò che ha appena dimostrato un team di scienziati giapponesi del National Institute of Informatics (NII) che spiega che rubare le impronte digitali è possibile attraverso una semplice fotografia pubblicata sui social network fino a quando il segno “V” è l’immagine visibile e di alta qualità.

Molto popolare, soprattutto in Giappone, quel gesto che distingue facilmente l’indice e il medio sarebbe una manna dal cielo per i pirati. Frequentemente utilizzati come un sistema di sicurezza, tra cui per sbloccare i telefoni cellulari, le impronte digitali sono state in precedenza considerate come praticamente inviolabili. Gli aggressori possono così avere accesso a informazioni riservate, ad esempio in applicazioni bancarie.

Nel loro studio, i ricercatori sono stati in grado di ricostruire le impronte digitali attraverso le foto che sono state prese a tre metri dei soggetti studiati. Un’altra preoccupazione, la capacità di ingannare i sistemi di riconoscimento biometrici che utilizzano anche le caratteristiche uniche delle nostre dita. Una impronta digitale completa contiene circa un centinaio di minuzie, ma i controlli sono fatti solo da 12 punti.

In passato, questo furto d’identità sarebbe stato possibile solo se un criminale avesse avuto a disposizione una fotografia ravvicinata delle dita, ma l’avvento di sensori fotografici sempre più avanzati sugli smartphone ha permesso ai ricercatori di estrarre le informazioni da una comune fotografia. Fortunatamente la stessa tecnica è inefficace con gli occhi, non è possibile fare la scansione della retina di un soggetto da una fotografia.

Insomma, dal Giappone fanno bene a sollevare il problema, spiega Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”. Se pensate che ottenere un’impronta digitale sia un’impresa titanica della quale non dobbiamo preoccuparci, sappiate che non è affatto così.

A dicembre 2014, durante una conferenza sulla sicurezza informatica, un gruppo di hacker è riuscito a ricostruire l’impronta digitale del Ministro della Difesa tedesco a partire da una serie di foto ad alta definizione in cui appare la sua mano. E, una volta ottenuta la ricostruzione dell’impronta, è davvero immediato ottenere una stampa 3D con cui ingannare i sensori dei nostri dispositivi.

Se consideriamo le impronte digitali come un sistema di sicurezza per i nostri dispositivi, dobbiamo tener presente che il governo statunitense e non solo, ha un’enorme banca dati delle password per sbloccare i nostri smartphone. E insomma, il riconoscimento biometrico sarà anche comodo ed immediato, ma forse è meno sicuro di una cara, vecchia password.

Antonio Vives

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