La storia di Gianluca Signorini.

Il calcio attira l’attenzione di milioni di appassionati che si emozionano e soffrono e gioiscono nel veder giocare la loro squadra del cuore, i loro idoli, i campioni internazionali. Ma nel calcio ci sono anche uomini che hanno fatto la differenza senza conquistare le copertine dei giornali di gossip. Giocatori che hanno dato il cuore per una squadra, hanno lavorato sodo, hanno sofferto e pianto per i colori di una maglia. Sono quei giocatori che la Curva non dimentica mai, anche quando il destino si mette in mezzo e cancella il lieto fine di una bella favola.

Oggi, venerdì 11 novembre, Enrico Ruggeri racconta a Il Falco e il Gabbiano su Radio 24 la storia di uno di questi giocatori. Un eroe sfortunato che per molti è diventato un simbolo di coraggio: Gianluca Signorini (foto). A 14 anni di distanza dalla precoce tragica scomparsa dell’ex Capitano del Genoa, in onda con Ruggeri dalle 15:30 il compagno di squadra Fulvio Collovati e la figlia Benedetta Signorini.

Capitano del Genoa negli anni in cui la squadra rossoblù è riuscita a raggiungere uno storico quarto posto in campionato che gli è valsa la qualificazione in Coppa Uefa e che l’anno successivo, nel 1992, ha esaltato il “popolo” genoano con la vittoria sul Liverpool all’Anfield raggiungendo le semifinali del torneo, Gianluca Signorini chiude la sua carriera di calciatore nel Pisa, con un ultimo gol segnato di testa in casa del Torino il 20 aprile ’96.
Finita, appunto, la carriera di calciatore, c’è da pensare al futuro.

Bisogna fare il supercorso di Coverciano e diventare allenatore. Ma un paio di anni dopo il ritiro, nel 1998, arrivano i primi segnali di qualcosa di imprevisto e tragico allo stesso momento. Le gambe cedono, le parole non escono più dalla bocca come dovrebbero. La sentenza è senza possibilità di appello: Morbo di Lou Gehrig. Noi lo conosciamo come Sindrome Laterale Amiotrofica, SLA.

Una malattia, la SLA, che negli anni ha colpito molti calciatori oltre a Signorini. Borgonovo, Lombardi, Nanni, Minghelli, Rognoni, Soldan: un triste elenco che ha fatto sorgere alcuni dubbi sui possibili legami tra il calcio e questa malattia. Forse per i microtraumi che il pallone provoca per tutta la carriera, forse per qualche iniezione di troppo. Non ci sono dichiarazioni definitive al riguardo, quello che purtroppo rimane come assoluto e inconfutabile è che questa malattia che blocca la mobilità degli arti e la parola, non lascia scampo a nessuno.

È il 6 Novembre 2002 quando, dopo circa quattro anni di sofferenza, Gianluca Signorini muore a soli 42 anni lasciando la moglie Antonella e quattro figli. Nel maggio del 2001 è stata organizzata per lui una grande festa a Marassi. Una partita con tutti i suoi amici, i dirigenti gli allenatori di tutte le squadre in cui a giocato. E poi sugli spalti il suo popolo, quello che non lo ha mai contestato, quello che lo ha sempre applaudito, quello della curva dove tante volte Signorini è andato ad esultare.

Oggi, venerdì 11 novembre, Enrico Ruggeri racconta a Il Falco e il Gabbiano la storia di Gianluca Signorini. In diretta streaming insieme a lui, dalle 15:30 su www.radio24.it, Benedetta Signorini, la figlia di Gianluca, e l’ex compagno di squadra Fulvio Collovati.

Gianluca Signorini? “Sarebbe diventato un grande allenatore”

Ecco cosa ha raccontato Fulvio Collovati, ex calciatore del Genoa, a Il Falco e il Gabbiano di Radio 24. La malattia di Gianluca Signorini? “Vissuta con grande dignità. Era un giocatore sottovalutato. A Roma ci chiamavano: i due lenti a contatto”. Sarebbe diventato un grande allenatore.

“È successo tutto in modo strano, nel senso che io, siccome mi occupavo di televisione, un giorno l’ho chiamato e gli ho detto: Luca, ti va di venire ospite? Perché lui veniva spesso ospite. Aveva appena smesso di giocare. Mi rispose in un modo strano, io mi accorsi dal modo… e lì incominciai a capire che la malattia piano piano stava entrando dentro il suo corpo. Ecco è stata una cosa.. poi sono andato a trovarlo parecchie volte”.

“L’ha vissuta con grande dignità, con una famiglia veramente modello che ha vissuto questa tragedia con dolore, ma anche con grande dignità. Sono stati gli ultimi anni della mia carriera, intensi, ma vissuti soprattutto con persone vere. Gianluca era una di quelle”. Così Fulvio Collovati, ex calciatore e compagno di squadra di Gianluca Signorini, ha ricordato gli ultimi anni di vita dello storico Capitano del Genoa.

Signorin, un giocatore sottovalutato

“Secondo me era un giocatore sottovalutato”, ha sottolineato Collovati ricordando la carriera calcistica di Signorini iniziata con lui alla Roma. “Benvoluto da due allenatori che lo hanno voluto fortemente, lo hanno anche valorizzato. Uno era Sacchi, l’altro era il professor Scoglio. Poi però, mi ricordo una frase di Sacchi che ha detto: ‘Porto Mutti e Signorini a Milano al posto di Baggio e Costacurta’. Ecco, diciamo che quel paragone lì poi dopo lo ha un po’ segnato, nel senso che i tifosi del Milan hanno incominciato a dire: ‘Ma come, Baresi… Signorini..”.

Hanno incominciato a fare paragoni. E chiaramente lo hanno giudicato un giocatore, secondo me, dalle caratteristiche che in realtà non aveva. Perché lui era secondo me un ottimo difensore, uno molto forte di testa. Non era velocissimo, fatto sta che a Roma nei primi due anni a me e a lui in coppia ci chiamavano ‘I due lenti a contatto’. E poi invece era uno che sapeva farsi valere, perché aveva una grossa personalità. Non è un caso che sia stato eletto Capitano del Genoa”.

Signorini sarebbe diventato un grande allenatore?

“Penso di sì – ha risposto Collovati – Penso di sì perché ha avuto grandi allenatori. Io ho condiviso tante cose con lui. Tu sai benissimo che quando sei calciatore probabilmente stai più insieme ai tuoi compagni di squadra che con la tua famiglia. Per cui tu prova a immaginare sei anni in stanza insieme, abbiamo anche condiviso alcune situazioni familiari, giustamente”.

“Lui era del ’60 però era un ragazzo che ti dava dei consigli. Ha avuto momenti difficili, ci siamo aiutati a vicenda. Era un ragazzo veramente di uno spessore umano indescrivibile, per cui io potrei raccontarti mille episodi. Mi ricordo un episodio con Scoglio”.

“Scoglio amava mandare i giovani in ritiro il venerdì, quando si giocava la domenica, perché lui li reputava ancora non maturi, per cui diceva: ‘Mi raccomando, voi andate in ritiro il venerdì, mentre invece Collovati e Signorini al sabato. Potete venire pure la domenica’. Poi invece, però, ci chiamava nello spogliatoio e diceva: ‘Luca, questo naturalmente l’ho detto davanti a tutti, però sapete benissimo che voi dovete essere le due chiocce e dovete andare in ritiro anche voi’. Era una cosa psicologica bellissima se ci pensi”.

Antonio VivesCalcioTopMorbo di Lou Gehrig,Radio 24
Il calcio attira l'attenzione di milioni di appassionati che si emozionano e soffrono e gioiscono nel veder giocare la loro squadra del cuore, i loro idoli, i campioni internazionali. Ma nel calcio ci sono anche uomini che hanno fatto la differenza senza conquistare le copertine dei giornali di gossip....