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Epica Etica Etnica Pathos, dal vivo a Roma dopo 25 anni

«Tutto lo sporco degli anni ‘90 con la tecnologia degli anni ‘70», recitavano così le note di copertina di “Epica Etica Etnica Pathos” (1990), ultimo disco degli allora CCCP – Fedeli alla linea, pronti a risistematizzarsi nei nuovi CSI. Una trasformazione importante: la fine di un’epoca, la distruzione di un immaginario legato a un vocabolario politico votato al socialismo.

Ecco allora il canto del cigno sulle macerie e i resti di quel muro di Berlino appena distrutto, che già segna il futuro politico globale e prefigura l’imminente caduta del regime sovietico. Un’agonia del pensiero, che frantuma nel tedio di domeniche punk, domeniche italiane e domeniche drogate la fine degli anni Ottanta.

Prima della fine (del comunismo e del gruppo punk rock emiliano) e dopo aver inglobato nella formazione un Gianni Maroccolo in fuga dai Liftiba, insieme a Francesco Magnelli, Ringo De Palma e un giovanissimo Giorgio Canali, i CCCP si chiudono nella casa colonica settecentesca Villa Pirondini, nella campagna reggiana. Qui registrano, in presa diretta, l’album che li avrebbe traghettati negli anni Novanta: “Epica Etica Etnica Pathos”, una nuova invettiva politica, ma con la desolante e romantica morbidezza di un pathos consumato nel recupero di sonorità e valori popolari, nel solco di un passato sempre circondato da un alone di nostalgico mistero o di epos.

Mai suonato dal vivo, questo album torna a rivivere venerdì 27 novembre dopo 25 anni, in un concerto unico e irripetibile all’Auditorium di Roma, nell’ambito del Romaeuropa Festival. Un live speciale in cui per l’occasione si riuniscono Gianni Maroccolo, Massimo Zamboni, Francesco Magnelli, Giorgio Canali, insieme alle voci di Ginevra Di Marco e Angela Baraldi e alcuni tra i più importanti esponenti dell’indie italiano.

Insieme alla storica formazione, Le Luci della Centrale Elettrica, Lo Stato Sociale, Brunori Sas, Appino, Max Collini (Offlaga Disco Pax) e Francesco Di Bella reinterpretano i brani di un disco che ha segnato più generazioni e che è ancora fotografia di una nazione intera.

Andrea Paola

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